Massima e/o decisione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 184 del 2022, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Sonia Fallico, del foro di Imperia, con domicilio digitale come da PEC indicata nel Registro di Giustizia;
contro
Il Ministero dell’Interno – Prefettura di Isernia – in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Campobasso, via Insorti D’Ungheria, n.74;
per l’annullamento
– del provvedimento del Prefetto di Isernia del 10.3.2022, notificato al ricorrente il 22.04.2022, con il quale è stata disposta la revoca delle misure di accoglienza;
– di ogni altro atto e provvedimento connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Prefettura di Isernia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2023 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Il ricorrente, cittadino pachistano appena maggiorenne all’epoca dei fatti di causa, arrivava in Italia nel mese di novembre del 2021 e veniva assegnato – in assenza di posti disponibili presso i centri di accoglienza di Ragusa, luogo più vicino a quello di sbarco – presso il Centro di Accoglienza Straordinario (in seguito anche C.A.S.) denominato “Duelle” e sito in Monteroduni (IS).
Detta accoglienza, avente finalità emergenziale, era disposta dal Prefetto in ragione di quanto previsto dall’art. 11 del d.lgs n. 142/2015 per le ipotesi in cui sia “temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all’interno dei centri di cui all’articolo 9, a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti….., previa valutazione delle condizioni di salute del richiedente, anche al fine di accertare la sussistenza di esigenze particolari di accoglienza”.
2 – La responsabile della Cooperativa che gestiva il C.A.S. di Monteroduni ospitante il ricorrente, con nota del 23 febbraio 2022 ne comunicava tuttavia alla Prefettura di Isernia l’allontanamento a far data dalla sera del precedente giorno 22.
In conseguenza di tale evento, la Prefettura con provvedimento del 10 marzo 2022 disponeva la revoca immediata della misura di accoglienza ai sensi degli artt. 13 e 23, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 142/2015.
Nel frattempo l’interessato, recatosi nella Regione Liguria presso il C.A.S. gestito dalla cooperativa “L’Ancora” in provincia di Imperia, in data 22 aprile 2022 formalizzava per la prima volta la propria volontà di sottoposizione alle misure di accoglienza, chiedendo l’applicazione in proprio favore delle misure di protezione internazionale in ragione di quanto previsto, in particolare, dall’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 142/2015.
Nella stessa data gli veniva però notificato il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza assunto a suo carico dal Prefetto di Isernia il 10 marzo 2022.
3 – Avverso quest’ultimo atto l’interessato è quindi insorto, con il ricorso in epigrafe, affermandone la illegittimità per violazione degli artt. 13 e 23 lett.a) e lett.e) del d.lgs n. 142/2015, deducendo rispetto ad essi la carenza dei presupposti applicativi e la violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della motivazione. Ha inoltre dedotto l’illegittimità del provvedimento per violazione degli articoli 3 e 7 della legge n. 241 del 1990 e per eccesso di potere sotto i profili del difetto d’istruttoria e di motivazione.
Con il ricorso è stata anche invocata, ove necessaria, la disapplicazione della disciplina nazionale, ed in particolare degli artt. 13 e 20 lett. a) e lett. e) del citato d.lgs. n. 142/2015, se ed in quanto interpretati in modo contrastante rispetto alla disciplina di matrice comunitaria, e segnatamente rispetto all’art. 20 della Direttiva UE 2013/33, lì dove questa dispone, tra l’altro, che : “…la decisione di ridurre e/o revocare le condizioni materiali di accoglienza deve essere, in ogni caso, basata “sulla particolare situazione della persona interessata, (…) tenendo conto del principio di proporzionalità”, e garantire, in ogni caso, “un tenore di vita dignitoso” (art. 20, par. 5).
Nello specifico il ricorso è stato articolato mediante i seguenti tre motivi “1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 23 LETT. A) DEL D.LGS. N. 142 DEL 2015 PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI CON CARENZA DI ISTRUTTORIA E CONSEGUENTE DIFETTO DI MOTIVAZIONE; 2) VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA 2013/33 TRASFUSA NEL D.LGS. N. 142/2015 – MANCATA TRADUZIONE DEGLI ATTI IN LINGUA CONOSCIUTA AL RICORRENTE”; 3) OMISSIONE DELLE GARANZIE DI CUI ALL’ART. 7 DELLA L. 241/90”
4. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio difendendo la legittimità del proprio provvedimento di revoca e chiedendo il rigetto del ricorso.
4.1 – All’esito dell’udienza cautelare, con ordinanza n. 106/22, questo Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, rilevando la sussistenza di elementi di possibile fondatezza del ricorso con riguardo “alla problematica possibilità di disporre la revoca dell’accoglienza anteriormente all’accettazione dell’inserimento nella rete del sistema di protezione internazionale (cfr. art. 14, comma 1, d.lgs. n. 142/2015)”, oltre che “al rispetto del principio di proporzionalità della misura disposta dall’Amministrazione in relazione alla condotta del ricorrente, che non sembra esprimere una univoca manifestazione di rifiuto dell’accoglienza”.
Alla pubblica udienza del 19 luglio 2023 la causa è stata infine trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
5.1 – Colgono già nel segno le doglianze del primo motivo di ricorso, relative alla violazione di legge sub specie di carenza di motivazione e all’eccesso di potere per carenza ed erroneità del presupposto, con particolare riferimento alla erronea applicazione degli artt. 13 e 23 lett. a) del richiamato d.lgs n. 142/2015.
5.2 – Costituisce un elemento fattuale non contestato quello che in data 22.02.2023 il ricorrente si sia allontanato dal C.A.S. di Monteroduni.
Partendo dalla registrazione di questo dato, l’Amministrazione ha applicato recta via l’art. 13 del d.lgs n. 142/2015, lì dove questo stabilisce la revoca delle misure di accoglienza per il caso di allontanamento dalle strutture di riferimento, prevedendo, in particolare, che “L’allontanamento ingiustificato dalle strutture di cui agli articoli 9 e 11 comporta la revoca delle condizioni di accoglienza di cui al presente decreto, adottata con le modalità di cui all’articolo 23, comma 1, lettera a…”.
Ciò posto, il nodo interpretativo centrale della vicenda, ai fini della valutazione delle illegittimità lamentate con i motivi di ricorso, è quello di stabilire se detta disciplina fosse effettivamente applicabile al momento dell’allontanamento dell’interessato dal C.A.S. “Duelle” di Monteroduni (IS).
Dalla disamina complessiva delle disposizioni che seguono, ad avviso del Collegio deve ritenersi, per le ragioni che saranno esposte, che la revoca sia stata assunta in difetto dei presupposti necessari a giustificarne l’adozione, con conseguente illegittimità del provvedimento impugnato.
5.3 – La prima fase dell’accoglienza degli immigrati che approdano nel territorio dello Stato è disciplinata dall’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 142/2015, nella parte in cui prevede che “le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale”.
La disposizione, nell’individuare l’ambito di applicazione delle regole contenute nel decreto legislativo in esame, si riferisce ad una fase immediatamente successiva all’approdo nel territorio nazionale degli immigrati: prima ancora della formale domanda di applicazione delle misure di accoglienza e di protezione internazionale – di cui al successivo art. 3 – la posizione dell’immigrato viene subito presa in carico dallo Stato, sia per verificare la sussistenza di eventuali condizioni necessitanti una speciale protezione in ragione di situazioni di “vulnerabilità” (minori, in particolar modo se non accompagnati, presenza di patologie gravi ed invalidanti etc., nuclei famigliari con minori, madri sole con bambini etc.), sia per garantire con immediatezza e interinalmente condizioni di dignitosa sopravvivenza al migrante.
Il successivo art. 3, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 142/2015, invece, introduce una fase nella quale la presenza dell’immigrato nel territorio dello Stato assume contorni maggiormente articolati e strutturati: la norma, in particolare, prevede che: “L’ufficio di polizia che riceve la domanda provvede ad informare il richiedente sulle condizioni di accoglienza, con la consegna all’interessato dell’opuscolo di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni”.
La domanda cui ha riguardo la norma, come specificato dall’art. 2, è quella presentata per ottenere la protezione internazionale “ai sensi del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria”.
La distinzione tra la fase di prima accoglienza e quella correlata alla richiesta di effettiva applicazione delle misure di accoglienza e di protezione internazionale è rimarcata dall’art. 6, comma 4, laddove prevede che: “Lo straniero trattenuto nei centri di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riceve, a cura del gestore, le informazioni sulla possibilità di richiedere protezione internazionale”.
5.4 – L’espletamento degli adempimenti informativi nei confronti dell’extracomunitario, che la legge correla alla presentazione da parte sua della domanda formale di cui all’art. 3 del medesimo d.lgs. n. 142/2015, segna quindi il momento a partire dal quale gli immigrati vengono consapevolmente inseriti in un percorso procedimentalizzato di accoglienza che, per quanto finalizzato alla tutela di loro diritti fondamentali (l’art. 14 del medesimo decreto legislativo conferma che “Il richiedente che ha formalizzato la domanda e che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i familiari, alle misure di accoglienza del presente decreto”), comporta però anche, da parte dei medesimi, l’assunzione di doveri e obblighi di rispetto di prescrizioni comportamentali.
5.5 – Il Collegio ritiene che l’art. 13 del d.lgs. n. 142/2015 debba essere debitamente coordinato con le altre norme dettate dalla stessa fonte. Ed è dell’avviso che una misura dagli effetti tanto gravi, quale la revoca ammessa da tale articolo, presupponga necessariamente che l’extracomunitario avesse preventivamente acquisito quel grado di informazione minima intorno alla propria complessiva posizione di status, e più segnatamente in merito ai propri obblighi di base, che la legge correla, all’art. 3, comma 1, soltanto alla presentazione della formale domanda di cui si tratta (“L’ufficio di polizia che riceve la domanda provvede ad informare il richiedente sulle condizioni di accoglienza”).
In assenza di tali informazioni, egli non avrebbe difatti alcuna adeguata consapevolezza dei propri obblighi, e delle conseguenze discendenti dalla loro violazione, e pertanto la misura della revoca verrebbe in tal caso applicata, fuori da ogni logica di proporzione, in difetto di una reale imputabilità soggettiva della violazione.
Sicché il Tribunale deve ribadire la posizione negativa già espressa nell’ordinanza di accoglimento della domanda cautelare del ricorrente a proposito della “possibilità di disporre la revoca dell’accoglienza anteriormente all’accettazione dell’inserimento nella rete del sistema di protezione internazionale (cfr. art. 14, comma 1, d.lgs. n. 142/2015)”.
5.6 – Ebbene, dagli atti istruttori depositati risulta che nella presente vicenda, fintanto che il ricorrente è rimasto nel CAS di Monteroduni, e nonostante il non brevissimo lasso di tempo ivi trascorso, egli non è stato posto in condizione di formulare alcuna domanda. Non risulta quindi, in particolare, che ivi sia stata formalizzata la sua richiesta delle misure di accoglienza, con il connesso ricevimento, da parte sua, della necessaria informazione complementare “sulle condizioni di accoglienza, con la consegna all’interessato dell’opuscolo di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni” (art. 6 comma 4 secondo capoverso).
Tale specifico punto, che riveste carattere dirimente ai fini della sorte del ricorso, risulta confermato nella stessa memoria difensiva del Ministero, nella parte in cui si osserva come ragioni organizzative avessero impedito di proseguire nelle fasi procedimentali successive alla prima accoglienza del ricorrente e di altri immigrati ivi presenti. Sul punto specifico la difesa erariale ha infatti sottolineato: “Invero, la mancata compilazione del suddetto modulo è dipesa esclusivamente da ragioni organizzative della Questura di Isernia, che – di regola – calendarizza gli appuntamenti in relazione alle esigenze e alle contingenze del momento”.
L’interessato è stato posto in condizione di formulare una espressa domanda di accoglienza solo una volta pervenuto presso il C.A.S. “L’Ancora” di Imperia, dove effettivamente è stata poi presentata l’istanza di protezione internazionale, con la cura degli aspetti informativi a ciò connessi.
Dal punto rimarcato trae, dunque, idoneo fondamento la censura di eccesso di potere per erroneità e difetto dei presupposti legittimanti il potere di revoca disciplinato agli articoli 13 e 23 comma 1 lett. a) d.lgs. cit., in quanto il ricorrente, al momento dell’emissione del provvedimento di revoca, e poi fino all’arrivo presso il C.A.S. di Imperia, non era stato posto in grado di presentare una formale domanda rivolta all’ottenimento delle misure di accoglienza, e quindi non aveva potuto beneficiare del correlato corredo informativo dei suoi inerenti doveri di comportamento, in applicazione del già citato art. 3, comma 1.
5.7 – Né vale in senso contrario il richiamo della difesa erariale alla circolare del Ministero dell’Interno n. 2257/2015, nella parte in cui questa precisa che “l’accoglienza dei richiedenti asilo ha inizio dal momento della manifestazione di volontà (art. 1.2), indipendentemente dalla verbalizzazione della stessa attraverso la compilazione del modello C3”.
Tale circolare, infatti, nel passaggio riportato, si limita a richiamare il campo di applicazione delle misure di primo sostentamento dei migranti delineato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 142/2015, nella parte in cui prevede, per l’appunto, l’applicazione delle misure di accoglienza fin “dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale”.
La circolare nulla però espone sul più complesso regime delle conseguenze che derivano solo dalla formale presentazione della relativa domanda ai sensi del successivo art. 3: e, soprattutto, non facoltizza affatto l’adozione della revoca prevista dall’art. 13 del decreto in difetto di presentazione della relativa domanda formale.
6 – Logica conseguenza delle considerazioni innanzi svolte è allora l’accoglimento del primo motivo di ricorso, nella parte in cui censura l’erronea applicazione degli artt. 13 e 23 comma 1 lett a), dal momento che la revoca delle misure di accoglienza ai sensi del detto art. 13 deve ritenersi possibile soltanto per comportamenti assunti solo dopo la formalizzazione della domanda di accoglienza del migrante.
7- Non meno fondate sono poi le ulteriori e complementari censure, contenute nello stesso primo motivo di ricorso, afferenti il difetto e l’inadeguatezza della motivazione del provvedimento prefettizio, in particolare sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalità.
L’atto impugnato ha avuto esclusivo riguardo all’allontanamento dell’interessato dal C.A.S “Duelle”, in assenza di qualsivoglia ulteriore valutazione circa le condizioni in cui il medesimo versava e il suo comportamento complessivo (e non guasta ricordare che subito dopo il proprio allontanamento egli si era sua sponte recato presso il Centro “L’Ancora”, ivi potendo finalmente avviare il percorso procedimentalizzato di accoglienza previsto dalla legge, con la formale richiesta di applicazione in suo favore delle misure di protezione).
Il provvedimento è quindi affetto anche dalla lamentata carenza di motivazione e dalla connessa violazione del principio di proporzionalità.
Per pervenire a questa conclusione non è necessario attingere alla illegittimità comunitaria delle norme in questione sostenuta, seppure in via dubitativa, nel ricorso. Appare infatti sufficiente, a tale fine, il richiamo ai principi di adeguatezza e proporzionalità più volte espressi dalla giurisprudenza in materia nell’ottica applicativa del diritto interno, sia in ragione dei principi generali in tema di motivazione, sia, in particolare, laddove il legislatore ha espressamente previsto che il provvedimento di revoca in esame debba essere motivato (art. 23 d.lgs n. 142/15).
Rispetto a tali principi la motivazione qui contestata si presenta invece meramente standardizzata e priva dell’esame degli specifici elementi caratterizzanti la vicenda, non essendo stata tenuta in debito conto la necessaria valutazione del principio di responsabilità e, quindi, l’esigenza di un apprezzamento circa la effettiva consapevolezza, e quindi colpevolezza, del comportamento del ricorrente; elementi necessari, come sottolineato anche da precedenti arresti di questo Tribunale (tra le altre nn. 115/21 e 116/21), sia in ragione di principi di diritto interno che di diritto comunitario più volte espressi dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Giustizia.
Il ricorso appare dunque fondato anche rispetto allo specifico profilo ora evidenziato, con conseguente necessità di annullamento del provvedimento impugnato.
8 – In conclusione, il ricorso deve trovare accoglimento sotto i dedotti profili dell’eccesso di potere per difetto di presupposto e inadeguatezza della motivazione, censurati nel primo motivo di gravame.
9 – Tale esito consente l’assorbimento degli ulteriori motivi, ritenendo il Collegio di allinearsi al principio di diritto secondo cui il Giudice adito deve procedere, nell’ordine logico, preliminarmente all’esame di quelle domande o di quei motivi che “evidenziano in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato, potendo, soltanto in caso di rigetto di tali censure, vagliare gli altri motivi di gravame che, seppur idonei a determinare l’annullamento dell’atto gravato, evidenzino profili meno radicali d’illegittimità” (così C.d.S., Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5; cfr. altresì, ex multis T.A.R. Campania, n. 5672/2022; id. n. 1037/2021).
10 – Le marcate peculiarità fattuali della vicenda suggeriscono, infine, di disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Nicola Gaviano, Presidente
Roberto Ferrari, Referendario, Estensore
Federico Giuseppe Russo, Referendario