Massima e/o decisione
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
-OMISSIS- nato il 27/05/1967
-OMISSIS- nato il 25/07/1980
avverso la sentenza del 16/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA CASELLA, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
l’avv. CASIERE, per il primo imputato, con memoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia in data 11/10/2021 nei confronti di -OMISSIS- e -OMISSIS-, che aveva giudicato, con rito abbreviato, i suddetti imputati, in ordine al reato di cui all’art. 12, commi 3, lett. a), b), c), 3-bis, 3-ter, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998, per avere operato da scafisti della barca -OMISSIS-, in relazione al trasporto in Italia di 35 cittadini extracomunitari, in Vieste, il 2.05.2021, li aveva ritenuti responsabili del reato loro ascritto e, riconosciute le attenuanti generiche e applicata la diminuente per il rito, li aveva condannati alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed euro 388.889,00 di multa, ciascuno.
La parziale riforma ha riguardato la sola posizione di -OMISSIS-, la cui pena è stata ridotta ad anni tre di reclusione ed euro 388.889,00 di multa, mentre la sentenza di primo grado è stata confermata per la posizione di -OMISSIS-.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, -OMISSIS-.
2.1. Col primo motivo di impugnazione vengono dedotti violazione degli artt. 350, 64, 197 e 197-bis cod. proc. pen.
Si rileva che i dichiaranti -OMISSIS- e -OMISSIS-, dopo essere stati sentiti nel corso delle indagini preliminari, si rendevano irreperibili. Si osserva che le loro dichiarazioni sono inutilizzabili in modo assoluto, trattandosi di persone sottoposte ad indagini, assunte senza la necessaria assistenza del difensore e in assenza degli avvertimenti di cui all’art. 64, comma 3, lett. c) cod. proc. pen., incompatibili a svolgere l’ufficio di testimone ex artt. 197 e 197-bis cod. proc. pen. e che si sono sottratte volontariamente all’esame dell’imputato e del suo difensore, ai sensi dell’art. 526, comma 1-bis dello stesso codice. Con la conseguenza che non sarebbe provata la responsabilità a carico dell’imputato, trattandosi invero delle fonti principali di prova dell’ipotesi accusatoria.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si denuncia nullità di tutti gli atti processuali, in quanto l’imputato non era stato assistito da interprete nei suoi colloqui con il difensore, in violazione degli artt. 104 e 143 cod. proc. pen. (per evidente errore materiale — trattandosi di fatto del 2 maggio 2021 – nell’ultima parte del motivo si afferma carenza di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non spiega per quale motivo non sia stata dichiarata la prescrizione del reato).
2.3. Col terzo motivo di impugnazione si rileva violazione degli artt.530 cod. proc. pen. e 54 cod. pen. e vizio di motivazione per la mancata affermazione della sussistenza della scriminante dello stato di necessità.
2.4. Col quarto motivo di ricorso viene lamentata violazione degli artt. 133 e 62-bis cod. pen. e vizio della motivazione per omessa rideterminazione del trattamento sanzionatorio in melius.
2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione degli artt. 496 e ss. cod. proc. pen. per mancata considerazione degli elementi favorevoli all’imputato.
La difesa insiste, alla luce dei suddetti motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Propone, altresì, ricorso in questa sede, tramite il proprio difensore, -OMISSIS-, lamentando, con un unico motivo, la violazione dell’art. 54 cod. pen. e la contraddittorietà della motivazione per il mancato riconoscimento dello stato di necessità, nonché il difetto di contestazione dell’aggravante del fine di profitto di cui all’art. 12, comma 3-ter, lett. b), d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, e il vizio di motivazione in ordine alla sua sussistenza. E insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
4. Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. Giuseppina Casella, conclude per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, mentre l’avv. Fernando Antonio Casiere, per -OMISSIS-, insiste per l’accoglimento del proprio ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di -OMISSIS- è nel complesso infondato.
1.1. Infondato è il primo motivo di impugnazione.
La Corte a qua, invero, quanto al profilo della dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai cittadini extracomunitari escussi a sommarie informazioni testimoniali, ha chiarito, in primo luogo, che nel caso che ci occupa i verbali di s.i.t. sono stati acquisiti con il consenso della difesa, che, dopo avere constatato in sede di udienza fissata per lo svolgimento dell’incidente probatorio, l’irreperibilità dei dichiaranti, ha concordato l’acquisizione in vista del dibattimento delle s.i.t. , che, una volta optatosi per l’abbreviato, sono state versate nel relativo fascicolo. Ha, poi, rilevato che il richiamo all’art. 526, comma 1-bis, cod. proc. pen. appare inconferente nel caso in esame, trattandosi di norma dettata per l’ordinario giudizio dibattimentale. Ha, inoltre, osservato che, pure a voler considerare – come sostenuto dalla difesa – che i due dichiaranti fossero da qualificare quali indagati in procedimento connesso o collegato, l’opzione difensiva per la celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato ha eliso la facoltà di eccepire l’inutilizzabilità delle dichiarazioni da costoro rese alla P.g. in assenza dell’avviso di cui all’art. 64, comma 3, lett. c) cod. proc. pen. Ha, da ultimo, evidenziato come le dichiarazioni rese da -OMISSIS- e -OMISSIS- non rappresentino né l’unico né il principale elemento su cui si fonda il convincimento del Giudice, che trova significativo fondamento nelle rilevazioni dirette degli operanti al momento del soccorso e nelle dichiarazioni confessorie del coimputato -OMISSIS-.
Si tratta di argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici.
Il difensore trascura che l’opzione per il rito abbreviato rende eccentrici tutti i riferimenti alle esigenze di escutere i testi in dibattimento.
Correttamente la Corte di appello ha osservato che il rito a prova contratta avrebbe comunque consentito l’acquisizione delle dichiarazioni provenienti da coindagati ove spontanee e non rese a domanda (si veda al riguardo Sez. 2, n. 22962 del 31/05/2022, Nacchia, Rv. 283409, secondo cui sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le spontanee dichiarazioni rese dall’indagato, in assenza del difensore e senza gli avvisi ex art. 64 cod. proc. pen., alla polizia giudiziaria e non verbalizzate, purché emerga con chiarezza la libertà del dichiarante nella decisione di rendere le stesse). Ha, però, negato, sulla scia del primo Giudice, la qualità di indagati dei due dichiaranti, essendo stati soccorsi in mare. E ciò conformemente a Sez. U, n. 40517 del 28/04/2016, Taysir, Rv. 267627 (in termini la più recente n. 27854 del 15/02/2021, Sourba, Rv. 281639), secondo cui in tema di immigrazione clandestina, sono utilizzabili, in quanto hanno natura testimoniale, le dichiarazioni rese spontaneamente alla P.g. da parte di migranti nei confronti di membri dell’equipaggio che ha effettuato il trasporto illegale, non essendo configurabile nei confronti dei migranti il reato di cui all’art. 10-bis d. lgs. n. 286 del 1998 – con conseguente necessità di riscontri alle dichiarazioni rese quali chiamanti in correità o reità – considerato che l’ingresso nel territorio dello Stato è avvenuto nell’ambito di un’attività di soccorso e che non è configurabile il tentativo di ingresso illegale, trattandosi di una contravvenzione.
A tale affermazione il ricorrente non oppone argomenti specifici, che comunque sarebbero superati dalla prova di resistenza compiuta dalla stessa Corte territoriale, con la quale, altresì, la difesa non si confronta.
1.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello di Bari motiva ampiamente su come sia avvenuta la traduzione degli atti e su come all’imputato sia stata garantita la conoscenza di ciascuno dei provvedimenti che hanno scandito il processo e delle attività compiute in udienza, sia direttamente, quando ha inteso parteciparvi, sia indirettamente, a mezzo dei provvedimenti successivamente adottati. E rileva che ha avuto piena contezza degli elementi a suo carico e ha avuto modo di articolare la propria difesa attraverso i colloqui che gli sono stati sempre garantiti nel corso delle udienze con l’assistenza di un interprete.
Orbene, nel caso in esame, l’imputato, al quale senza dubbio andava riconosciuto, diversamente da quanto affermato dalla Corte di appello di Bari, il diritto alla nomina di un interprete per i colloqui in carcere col difensore, non deduce in che modo sarebbe stato pregiudicato dalla mancata nomina dell’interprete per detti colloqui, se ha poi formulato, con procura speciale, istanza di accesso al rito abbreviato.
Si veda al riguardo Sez. 1, n. 30127 del 24/06/2015, Rjab, 264488, secondo cui in tema di nomina di interprete per conferire con il difensore, la violazione degli artt. 104, comma quarto bis, e 143 cod. proc. pen. può configurare una nullità ex art. 178, comma primo, lettera c), cod. proc. pen. solo se determina un’effettiva lesione del diritto di assistenza dell’imputato, il quale ha l’onere di precisare il pregiudizio concretamente subito, allegando l’impossibilità di sviluppare argomenti o deduzioni, ovvero altra lacuna difensiva determinata dalla specifica carenza di informazione sul contenuto dell’accusa.
1.3. Inammissibile, in quanto manifestamente infondato e rivalutativo, è il terzo motivo di ricorso sullo stato di necessità.
La Corte territoriale evidenzia come il ruolo di scafista e di comandante dell’imbarcazione del ricorrente sia stato accertato nell’immediatezza del fatto dagli operanti della P.g., avendo questi rinvenuto -OMISSIS- e il coimputato -OMISSIS- al comando dell’imbarcazione, mentre le altre persone trasportate erano sottocoperta; come, poi, tale circostanza abbia trovato ulteriore conforto nelle dichiarazioni (confessorie) rese dal coimputato in sede di interrogatorio di garanzia e nelle concordi dichiarazioni dei -OMISSIS-; e come l’abbordaggio della barca a vela abbia consentito alla P.g. di verificare le condizioni di viaggio inumane e degradanti cui venivano sottoposti i 35 migranti di nazionalità afghana, stivati sottocoperta, in precarie condizioni di salute, senza cibo e servizi sanitari sufficienti, nella totale commistione tra adulti e bambini.
La Corte di appello di Bari, nell’escludere incensurabilmente che gli imputati si fossero attivati per soccorrere i 35 migranti e nell’inquadrare l’ipotesi nel trasporto illegale degli stessi, peraltro aggravato dalla finalità di lucro, dà vita ad una motivazione che senza dubbio non consente la configurazione dello stato di necessità, che viene invocato dal ricorrente senza peraltro rappresentare, se non con asserzioni di carattere estremamente generico, riferite alla situazione politica dell’Afghanistan (Paese di provenienza dei migranti) ovvero allo stato di belligeranza dell’Ucraina (Paese di provenienza degli imputati), quali fossero gli specifici e concreti elementi costitutivi di detta esimente nel caso che ci occupa.
Al riguardo si osserva che in tema di stato di necessità di cui all’art. 54 cod. pen., l’imputato ha un onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione, sì che egli deve allegare di avere agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile, e di non avere potuto sottrarsi, nemmeno putativamente, al pericolo minacciato, con la conseguenza che il difetto di tale allegazione esclude l’operatività dell’esimente (Sez. 1 , n. 12619 del 24/01/2019, Chidokwe, Rv. 276173).
1.4. Inammissibile è, infine, il quarto motivo di ricorso, in quanto rivalutativo e generico.
A fronte di argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici della Corte territoriale, che ritiene insussistenti ragioni apprezzabili per rivisitare il trattamento sanzionatorio di -OMISSIS-, in quanto congruo rispetto al suo ruolo, alla gravità del fatto e all’intensità del dolo.
Invero, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
1.5. Infine, inammissibile è la doglianza di cui al quinto motivo di ricorso (per mero errore materiale indicato nell’atto di ricorso col n. 4), che fa riferimento a norme (di cui agli artt. 496 e ss. cod. proc. pen.) che regolano l’istruzione dibattimentale a fronte di un giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato.
2. Inammissibile è, invece, il ricorso di -OMISSIS-.
Inammissibile, per quanto osservato con riferimento al coimputato, è la doglianza in ordine all’esclusione dello stato di necessità.
Quanto all’ulteriore censura circa l’aggravante, la stessa è manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale bene evidenziato che: – il capo di imputazione contiene l’espresso richiamo normativo all’art. 12, comma 3-ter, lett. b), d. Igs. n. 286 del 1998; – la carenza di un’esplicitazione in fatto della circostanza nel capo di imputazione non ha arrecato alcun pregiudizio alle prerogative difensive dell’imputato, atteso che lo stesso ha avuto subito contezza delle dichiarazioni dei soggetti escussi a s.i.t. che riferivano di avere versato denaro per il trasporto nelle mani di un soggetto sconosciuto, diverso dagli odierni ricorrenti.
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso di -OMISSIS- consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e al pagamento di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila a favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
Al rigetto del ricorso di -OMISSIS-, consegue, ai sensi sempre del summenzionato articolo, la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto da -OMISSIS- che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso proposto da -OMISSIS- che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2023.
