Massima e/o decisione
ORDINANZA
nel procedimento n. R.G. 22683/2023 degli affari civili contenziosi, vertente
TRA
– OMISSIS -, nato in -OMISSIS – il – OMISSIS- , con il patrocinio dell’avv.to Laura Barberio, che lo rappresenta e difende giusta procura in atti;
Ricorrente
E
MINISTERO DELL’INTERNO – QUESTURA DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato;
Resistente contumace
Oggetto: Istanza cautelare in corso di causa per l’accesso alla procedura di protezione speciale
Con ricorso e contestuale istanza cautelare del 26.04.2023 il ricorrente, cittadino senegalese, ha chiesto di ordinare con provvedimento di urgenza alla Questura di Roma la formalizzazione della sua domanda di protezione speciale entro sei giorni dalla pronuncia e per l’effetto il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo in attesa del giudizio di merito.
Il ricorrente ha esposto di aver fatto ingresso in Italia nel 2003 e di aver presentato domanda di protezione internazionale; di aver ricevuto il riconoscimento della protezione umanitaria e di aver successivamente convertito il proprio titolo di soggiorno in permesso per motivi di lavoro; di essere coniugato con una connazionale e di avere due figli, di cui un minore, nato a Roma il 18.03.2010; di vivere a Roma unitamente alla coniuge e al figlio minore, il quale frequenta regolarmente la scuola; di aver sempre lavorato con regolare contratto; di soffrire di gravi e documentati problemi di salute, per i quali ha subito diversi interventi e segue un piano terapeutico; che il permesso per motivi di lavoro non gli veniva rinnovato in ragione del possesso della residenza fittizia presso via – OMISSIS-; che tentava più volte di presentare domanda di protezione speciale presso l’Ufficio immigrazione, senza tuttavia mai riuscire ad accedere ai locali del suddetto ufficio; di aver inviato a partire dal 02.08.2021 tramite rappresentante legale diverse pec chiedendo e sollecitando la fissazione di apposito appuntamento per la formalizzazione della propria richiesta, anche in ragione della propria documentata vulnerabilità psicofisica, senza tuttavia ricevere riscontro.
Alla luce di quanto rappresentato il ricorrente lamenta in questa sede l’inerzia e l’illegittimità della condotta della PA competente a ricevere la propria domanda e rappresenta la sussistenza del requisito del fumus bonis iuris in ragione dell’applicazione in via analogica al caso di specie della normativa relativa alla protezione internazionale, la quale prevede tanto a livello sovranazionale che interno l’obbligo per gli Stati di verbalizzare la domanda di protezione e rilasciare il relativo permesso di soggiorno provvisorio per richiesta asilo; inoltre, rappresenta la sussistenza del presupposto del periculum in mora, in ragione del conseguente perpetuarsi della sua condizione di irregolarità e del relativo impedimento all’accesso ai diritti connessi alla regolare presenza sul territorio, reso ancor più grave in ragione della vulnerabilità certificata dalla documentazione medica in atti.
Il Giudice ha fissato udienza per il giorno 07.07.2023 in modalità cartolare ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.
L’Amministrazione resistente, ritualmente citata, non si è costituita in giudizio.
Parte ricorrente, con note del 06.07.2023 si è riportata ai propri scritti, insistendo per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni.
***
In via preliminare, va affermata la giurisdizione dell’adito giudice ordinario, attesa l’indubbia natura di diritto soggettivo della posizione giuridica fatta valere dal ricorrente.
In particolare, deve rilevarsi che oggetto della presente fase cautelare non è la domanda di asilo o di rilascio di un permesso per protezione speciale e l’eventuale sussistenza dei relativi presupposti per il suo riconoscimento, ma unicamente il diritto del ricorrente di proporre domanda di protezione speciale e di accedere alla relativa procedura.
Sotto il profilo del fumus bonis iuris, si ritiene necessario evidenziare che la protezione speciale rientra, unitamente allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, nel diritto di asilo di cui all’art 10 comma 3 della Costituzione; tale forma di protezione può essere concessa anche nell’ambito della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 32 comma 3 d.lvo n. 25/2008), la cui domanda dà diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per richiesta di asilo ex art 11 comma 1 lettera a DPR 394/1999), pertanto, se la presentazione della domanda di protezione speciale al Questore non fosse tutelata dalle medesime garanzie si avrebbero trattamenti differenziati in situazioni sostanzialmente uguali a seconda della procedura prescelta per azionare il proprio diritto, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, trattandosi di una disparità di trattamento del tutto irragionevole.
Ciò posto, si ritiene che una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme comporti che alla fattispecie in esame trovi applicazione la medesima disciplina dettata in materia di presentazione della domanda di protezione internazionale.
È dunque opportuno richiamare l’art. 2 del D.lvo n. 142/2015 secondo il quale la manifestazione di volontà di richiedere asilo non è subordinata a forme particolari e il successivo art. 4 che stabilisce l’onere dell’amministrazione di fornire un permesso di soggiorno a tutti i richiedenti asilo; tutta la procedura è poi scandita da tempi celeri e certi volti a garantire l’effettività di diritti connessi allo status di richiedente asilo: l’art. 3 del Dlgs. n.25/2008, in attuazione della direttiva 2005/85/CE, stabilisce che “… L’ufficio di polizia di frontiera e la questura sono competenti a ricevere la domanda secondo quanto previsto dall’art.26”, che a sua volta prevede che “la questura, ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale” “redatto entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all’Ufficio di polizia di frontiera. I termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti” (sul diritto a presentare domanda di protezione internazionale e l’obbligo delle questure di riceverla si vedano Tribunali Palermo 18 giugno 2018, Trieste 21 giugno 2018, Roma 18 settembre 2018, Trieste 3 ottobre 2018).
La manifestazione di volontà, dunque, non soggetta ad alcun formalismo, è sufficiente a configurare l’obbligo dell’amministrazione alla sua verbalizzazione e al rilascio del permesso di soggiorno nei termini previsti dalla normativa interna e internazionale.
Nel caso di specie il ricorrente si è visto negare l’esercizio di un proprio diritto quale quello di richiedere la protezione dello stato ospitante, costituzionalmente tutelato dall’art. 10 comma 3, essendogli stato di fatto impedito l’accesso ai locali della Questura competente a ricevere e formalizzare la propria domanda.
L’omissione di misure in tal senso, traducendosi nell’impedimento all’esercizio di un diritto assoluto, ben può trovare dunque rimedio nell’intervento del giudice ordinario, trattandosi di materia nella quale la discrezionalità amministrativa non può spingersi sino a comprimere l’essenza stessa del diritto individuale.
Quanto fin qui rilevato trova particolare evidenza nel caso di specie, tenuto conto che nella protratta impossibilità di presentare domanda di protezione, avendo il ricorrente sufficientemente documentato i propri tentativi di formalizzazione sin dall’agosto 2021 (copie pec in atti, unitamente ad articoli di giornale, foto e video attestanti le lunghe file di richiedenti davanti all’Ufficio immigrazione della Questura di Roma in attesa di ottenere la formalizzazione della propria domanda di protezione) è entrato in vigore, in data 11.03.2023, il d.l. 20/2023, che ha introdotto significative modifiche proprio rispetto alla forma di protezione cui intendeva accedere il ricorrente, da qui, l’evidente interesse (e diritto) dello stesso a non proseguire con i tentativi presso la Questura e ad azionare piuttosto il proprio diritto in sede giudiziale.
Ebbene, l’art. 7 della normativa da ultimo menzionata, convertito dalla legge n. 50/23, relativo alle modifiche in materia di protezione speciale, dopo avere previsto, nel primo comma, l’abrogazione del terzo e del quarto periodo dell’articolo 19, comma 1.1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dispone inoltre, nel secondo comma, che tale modifica non sia, tuttavia, applicabile “Per le istanze presentate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero nei casi in cui lo straniero abbia già ricevuto l’invito alla presentazione dell’istanza da parte della Questura competente”, continuandosi per le medesime ad applicare la disciplina previgente.
Dunque, la presentazione di una istanza di protezione internazionale o speciale entro il 10 marzo o l’intervenuta fissazione di un appuntamento a tal fine comportano l’applicazione della (più ampia) disciplina precedente della protezione speciale.
Tutto fin qui considerato, vista l’impossibilità per il ricorrente di presentare domanda di protezione sin dall’agosto 2021 (data della prima pec depositata in atti), appare evidente che questi non può ad oggi essere per tale motivo penalizzato, ricevendo un trattamento meno favorevole di quello cui aveva diritto e che avrebbe ricevuto ove l’Amministrazione avesse correttamente adempiuto ai propri obblighi di legge discendenti dal diritto internazionale, acquisendo la domanda in quella data o comunque prima dell’entrata in vigore delle modifiche normative.
La data di presentazione dell’istanza di protezione da parte dell’odierno ricorrente deve, in conclusione, farsi risalire al momento (02.08.2021) in cui ha manifestato in maniera chiara ed univoca all’Amministrazione competente la sua volontà, pur avendo questa successivamente omesso di verbalizzarla.
Ciò posto quanto alla sussistenza del fumus bonis iuris, risulta altresì integrato il presupposto del periculum in mora.
La mancata formalizzazione della domanda di protezione speciale determina infatti il perpetuarsi della condizione di irregolarità del ricorrente che, oltre ad esporlo al rischio di espulsione dal territorio italiano, comporta inoltre il perpetuarsi di una condizione di precarietà ed incertezza con conseguente pericolo di perdere altresì il proprio regolare impiego, che gli consente di mantenere il proprio nucleo familiare, questo peraltro composto da un figlio minore. Inoltre, nel caso in esame, a ciò si aggiunge che la documentazione prodotta in giudizio attesta la condizione sanitaria di particolare vulnerabilità dell’odierno ricorrente. Dalle certificazioni rilasciate da strutture ospedaliere situate nel territorio romano (quali – OMISSIS- ) risulta che lo stesso è in cura da diversi anni a causa di gravi scompensi cardiaci. Risulta in atti che, per tali ragioni, nel 2006 è stato “sottoposto a intervento di sostituzione di valvola mitralica, con nuovo intervento di sostituzione della valvola protesica nel 2007 per malfunzionamento della stessa. Tra giugno e ottobre 2022, il paziente andava incontro a due successivi ricoveri per grave scompenso cardiaco” certificandosi un “quadro cardiologico [è] estremamente grave e solo in parte reversibile con trattamenti adeguati. In questi mesi il paziente ha seguito regolarmente la terapia prescritta, composta da farmaci di ultima generazione, e sta effettuando controlli ravvicinati cardiologici, internistici e di altre specialità. Con tali accorgimenti, la situazione clinica ha raggiunto un’iniziale stabilizzazione, passibile tuttavia di rapido aggravamento in caso fossero interrotti i controlli e le terapie in corso. Le sue condizioni di salute sono tali da richiedere necessariamente cure mediche indifferibili per almeno un anno, da rivalutare nel tempo. Il rientro nel Paese di origine determinerebbe infatti un rilevante pregiudizio alla sua salute” (certificazione del 16.01.2023, Dott.ssa -OMISSIS-).
Tutto quanto rilevato, nonché considerato il lasso di tempo decorso dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione e alla luce della precarietà delle condizioni personali e di salute del ricorrente si ritiene che la domanda cautelare debba essere accolta, con ordine alla Questura competente di formalizzare la domanda di protezione speciale del ricorrente concedendo apposito appuntamento, come da dispositivo e di compiere ogni atto consequenziale.
La data d’udienza del merito del giudizio viene fissata con autonomo provvedimento emesso in data odierna.
Le spese del presente procedimento cautelare verranno liquidate con il provvedimento di definizione del giudizio di merito.
P.Q.M.
Il Tribunale così dispone:
– accoglie l’istanza cautelare e per l’effetto ordina alla Questura di Roma di procedere alla formalizzazione della domanda di riconoscimento della protezione speciale del ricorrente previa fissazione di appuntamento e di compiere ogni atto consequenziale;
– spese al definitivo.
Così deciso in Roma, il 07.07.2023
IL GIUDICE
dott.ssa Lilla De Nuccio
