Massima e/o decisione
sul ricorso n. 14638/2017 proposto da:
-OMISSIS-, elettivamente domiciliata in Roma, Via Rovereto n. 7, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Vitale, rappresentata e difesa dall’avvocato Vito Zumbo per procura speciale estesa in calce al ricorso
ricorrente
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore
intimato
avverso il decreto del Giudice di Pace di Barcellona Pozzo di Gotto depositato il 20 marzo 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11 settembre 2020 dal relatore Marco Vannucci;
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto del 20 marzo 2017 il Giudice di Pace di Barcellona Pozzo di Gotto convalidò il decreto emesso dal Questore di Messina il 16 marzo 2017 con cui, in applicazione dell’art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), venne ordinato a –OMISSIS- (di nazionalità albanese) – espulsa dal territorio dello Stato con decreto emesso dal Prefetto di Messina il 16 marzo 2017 – di consegnare in Questura il proprio passaporto o altro documento equipollente, di dimorare in Barcellona Pozzo di Gotto e di presentarsi presso il Commissariato della Polizia di Stato di tale Comune nei giorni e nelle ore in tale atto amministrativo indicati.
2. –OMISSIS- chiede la cassazione di tale decreto con ricorso contenente tre motivi di impugnazione.
3. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
4. In considerazione del contenuto del primo motivo di ricorso, con ordinanza interlocutoria n. 164/2019 del 7 gennaio 2019 è stato disposto rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso in attesa di decisione della Corte costituzionale relativa alla conformità agli artt. 13 e 24 Cost. dell’art. 14, comma 1-bis, del t.u. immigrazione, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida della misura dell’obbligo di presentazione presso un ufficio della forza pubblica si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore di fiducia o, in caso di mancata nomina, di un difensore di ufficio.
5. Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 20 dicembre 2019, è stata fissata nuova adunanza camerale per la decisione sul ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che il decreto di convalida è nullo perché, in violazione dell’art. 14 del t.u. immigrazione: essa ricorrente e il proprio difensore di fiducia non vennero avvisati della fissazione, per il giorno 20 marzo 2017, dell’udienza di convalida; a tale udienza essa ricorrente e il proprio difensore non presenziarono.
2. Con il secondo motivo il decreto impugnato è dalla ricorrente censurato per essere stato emesso da giudice di pace incompetente, per ragioni di territorio inderogabile, a provvedere sulla convalida del decreto del Questore di Messina; essendo invece competente ad assumere tale decisione il Giudice di Pace di Messina.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce che il decreto impugnato è nullo perché, in violazione dell’art. 14 del t.u. immigrazione, la convalida è intervenuta alle ore 11 del 20 marzo 2017, oltre il termine delle 48 ore successive alla ricezione, avvenuta alle ore 11,09 del 17 marzo 207, da parte della cancelleria dell’istanza di convalida trasmessa dal Questore di Messina
4. Il terzo motivo è da trattare con priorità logica atteso che dalla sua fondatezza può derivare l’assorbimento delle prime due censure.
La disposizione di natura processuale applicabile al caso di adozione nei confronti dello straniero espulso dal territorio dello Stato di una o più misure specificamente previste dall’art. 14, comma 1-bis, primo periodo, dello stesso t.u. è contenuta nello stesso comma, in cui si prevede che:
il decreto motivato dispositivo di tali misure è notificato al suo destinatario con l’avviso che esso “ha facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida”;
il provvedimento del Questore è comunicato entro 48 ore dalla notifica al giudice di pace competente per territorio”;
il giudice, “se ne ricorrono i presupposti, dispone con decreto la convalida nelle successive 48 ore”.
Alla luce di tale specifica disciplina del giudizio di convalida, alternativa a quella prevista per le misure, maggiormente incidenti sulla libertà personale, del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri (art. 14, comma 1) e dell’accompagnamento alla frontiera (art. 13, comma 5-bis), secondo cui il giudizio di convalida si svolge in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio, a fronte di decreto dal Questore emesso in applicazione del citato art. 14, comma 1-bis, non vi è per l’interessato e il suo difensore (ove nominato) il diritto a essere avvisati del giorno della convalida e a comparire all’udienza allo scopo fissata, ma solo quello, esercitabile a partire dal giorno di notificazione del decreto del Questore recante tale avviso, di presentare memorie o deduzioni al giudice della convalida.
Tale diversità di disciplina processuale è stata ritenuta conforme ai precetti recati dagli artt. 13 e 24, secondo comma, Cost. da Corte cost., sent. n. 280 del 20 dicembre 2019 , che ha evidenziato che «la più limitata incidenza sulla libertà personale della misura qui all’esame induce a ritenere – sulla scorta della citata sentenza n. 144 del 1997 – non incompatibile con gli artt. 13 e 24, secondo comma, Cost. il procedimento disegnato dalla disposizione censurata, che prevede un contraddittorio meramente eventuale e cartolare. Ciò anche in ragione del delimitato oggetto del giudizio di convalida, ove il giudice di pace è chiamato a verificare unicamente la sussistenza dei presupposti di adozione della misura e l’esistenza di un provvedimento di espulsione dotato di efficacia esecutiva, con il solo limite già rammentato dell’eventuale “manifesta illegittimità” di quest’ultimo e dell’eventuale sussistenza di ragioni ostative all’espulsione».
Fatta questa precisazione, si osserva che, come detto, lo speciale procedimento di convalida delineato dall’art. 14, comma 1-bis – qui rilevante – prevede:
per il Questore l’obbligo di comunicare il proprio decreto al giudice di pace entro 48 ore dalla sua notificazione al destinatario degli ordini;
per il giudice di pace, ove ravvisi la sussistenza dei presupposti per una tale decisione, di emettere il decreto di convalida nelle 48 ore successive a quella di comunicazione del provvedimento amministrativo.
A differenza di quanto prescritto espressamente dal comma 4 del medesimo art. 14 (che dispone che il provvedimento emesso in applicazione del precedente comma 1 “cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione”), il comma 1-bis nulla dispone espressamente per il caso in cui la convalida non sia pronunciata entro il termine da essa previsto.
In considerazione dell’incidenza sulla libertà personale dello straniero espulso del provvedimento amministrativo impositivo nei suoi confronti di obblighi di fare (la cui inosservanza è sanzionata con la multa), la conclusione non può che essere (alla luce del quanto mai chiaro contenuto precettivo dell’art. 13, secondo comma, Cost.) quella dell’inefficacia di tale atto amministrativo qualora la sua convalida da parte del giudice avvenga oltre il termine fissato dalla legge per la relativa pronuncia.
Nel caso di specie, il decreto impugnato: contiene l’espresso accertamento che il decreto del Questore di Messina, unitamente alla istanza di convalida, pervenne nella cancelleria del giudice di pace alle ore 11,09 del 17 marzo 2017 (tale accertamento è indicato, negli stessi termini, nella premessa dell’atto e nel suo dispositivo); risulta essere stato emesso alle ore 11 del 20 marzo 2017.
Il decreto di convalida venne emesso dopo che erano decorse 71,85 ore dal momento della ricezione degli atti da parte del giudice; con la conseguenza che al momento della decisione il decreto del Questore di Messina del 16 marzo 2017 era da tempo divenuto inefficace, sì che per tale ragione esso non poteva essere convalidato.
Il decreto impugnato è pertanto da cassare senza rinvio.
5. L’accoglimento del terzo motivo determina l’assorbimento degli altri motivi.
6. In applicazione del principio di soccombenza l’amministrazione intimata deve essere condannata a rimborsare alla ricorrente le spese da costei anticipate nel presente giudizio nella misura in dispositivo liquidata.
P.Q.M.
cassa senza rinvio il decreto impugnato.
Condanna l’amministrazione intimata a rimborsare alla ricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in €. 200 per esborsi e in €. 2.000 per compenso di avvocato, oltre spese forfetarie pari al 15% di tale compenso, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 settembre
