Brevi considerazioni sul Decreto N.10465/23, emesso dal Tribunale Di Catania in data 29/09/2023.
Il casus esposto riguarda la posizione di alcuni cittadini extracomunitari che, approdati a Lampedusa, hanno richiesto il riconoscimento dello status di protezione internazionale/sussidiaria. L’autorità amministrativa che ha ricevuto la domanda di protezione, ha disposto il trasferimento dei richiedenti in Pozzallo (Rg),attivando la procedura prevista dal comma 6 bis del D.Lvo N.142/2015, il quale prescrive che il trattenimento del richiedente asilo può essere concretato qualora lo stesso non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità ovvero non presti idonea garanzia finanziaria. Il D.M. del 14 Settembre 2023 ha stabilito che l’importo pecuniario de quo debba essere quantificato in E.4.938,00. In sintesi, se il richiedente asilo, manifestata domanda di protezione alla frontiera, non dimostra di possedere risorse finanziarie sufficienti per il periodo massimo di quattro settimane (ventotto giorni), dovrà essere trattenuto fino alla decisione dell’istanza di sospensione di cui all’articolo 35-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 25 del 2008, al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato.
Le disposizioni in oggetto, si prestano a numerosi approfondimenti critici, avuto particolare riguardo al loro carattere antagonista la normativa e giurisprudenza sovranazionale ovvero alla loro compatibilità con il “Sistema Giuridico Comunitario”.
Gli artt. 8 e 9 della Direttiva Ue 2013/33 statuiscono che lo straniero non può essere trattenuto per il solo fatto di essere un richiedente asilo, predisponendo specifiche ed effettive garanzie nell’ipotesi in cui ciò sia necessario (Vd. Ipotesi eccezionali previste al comma 2° art.8 citt..).
Il trattenimento, a norma dell’art.43 della Direttiva N.2013/32, può essere disposto solo al fine di consentire allo Stato membro di valutare se la domanda del richiedente non sia inammissibile o se non debba essere respinta in quanto infondata per uno dei motivi elencati all’art.31 della medesima Direttiva.
Inoltre, la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro non può in alcun modo privarlo del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale ed esaminare la sua domanda (Vd.Cass.SS.UU, Sent.N.4674 del 26 maggio 1997)
Con Sentenza del 14 Maggio 2020, trattando i procedimenti C-924/19 PPU e C-925/19, la Corte Di Giustizia Europea ha chiarito che “…l’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2013/33 osta a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo motivo che egli non può sovvenire alle proprie necessità…” (Vd.Par.256 Sent.citt..) e che “… l’articolo 8, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2013/33 ostano a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto senza che la necessità e la proporzionalità di tale misura siano state previamente esaminate e senza che sia stata adottata una decisione amministrativa o giudiziaria che indichi i motivi di fatto e di diritto per i quali un siffatto trattenimento viene disposto…” (Vd. Par.259 Sent.citt..).
Pertanto, emerge un evidente e lapalissiano contrasto tra il disposto di cui all’art.6 bis D.Lvo 142/2015 e la normativa di carattere comunitario, ma quid iuris nell’ipotesi in cui la norma nazionale di diritto interno, come nel caso che ci occupa, confligga con la norma di estrazione comunitaria?
Come è noto, giusta disposto ex art. 11 Cost., l’Italia, unitamente ad altri Stati europei, ha aderito alla costituzione e formazione della Comunità Europea (rectius Unione Europea), contribuendo allo sviluppo di quel che può esser definito “Sistema Giuridico Comunitario”, il quale distingue e riconosce “fonti primarie” e “fonti secondarie”.
Le norme comunitarie non solo sono applicabili ed efficaci sul nostro territorio ma, nel sistema gerarchico delle fonti, sono anche da considerarsi prevalenti sulle disposizioni di diritto interno.
In verità, alcuna norma dispositiva sancisce espressamente il principio del primato del diritto comunitario rispetto a quello nazionale e viceversa. In dottrina e giurisprudenza, sul punto, si sono scontrate una concezione monista (di connotazione europeista) ed una concezione dualista (di estrazione territoriale).
Tuttavia, carattere decisivo, in materia, ha assunto la Sentenza N.389 dell’11/07/1989, con cui la Corte Costituzionale ha affermato la prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale, altresì precisando che l’eventuale conflitto tra norma interna e comunitaria non determini ex se l’illegittimità o l’abrogazione della norma nazionale, bensì e diversamente la sua disapplicazione da parte del giudice territoriale.
Ed è proprio ciò che ha disposto il Giudice Designato in seno al procedimento che ci occupa, disapplicando la normativa di legge italiana poiché in evidente contrasto con quella comunitaria, rendendo una pronuncia che si distingue per autorevolezza e pregio giuridico.
Autorevole, poiché fondata su una approfondita analisi della situazione di fatto e delle norme coinvolte; autoctona e pregevole, poiché espressione di un libero convincimento professionalmente avulso da qualsivoglia forma o appendice di cointeressenza politica.
Avv. Rosa Emanuela Lo Faro
Avv. Giovanni Antonino Lombardo
